Si trova sullo sperone di roccia che chiude a ovest la baia di Marina di Campo, e domina il nucleo primitivo del porto, ed è ben visibile da tutto l'arco della spiaggia, ma anche dal versante opposto, di Galenzana. Vi si giunge tramite suggestive scalinate, soprattutto da quella della Bellavista, da cui parte anche il sentiero per il capo Poro e la cala di Galenzana. Non è però possibile avvicinarsi più di tanto, perché sia la struttura che le pertinenze circostanti sono proprietà della marina militare.
La struttura è la classica della torre a scarpa, con slargo troncoconico alla base, e i restanti due terzi a collo cilindrico. Le due parti sono separate da un cordolo. Il paramento è in pietrame misto intonacato. L'ingresso, come è usuale in queste strutture, si apre a metà circa del collo, rivolta verso il lato di terra. In origine si raggiungeva con scale retraibili, mentre la scalinata in muratura è un'aggiunta molto più tarda. A differenza della torre di Marciana Marina, qui la scalinata è staccata dal corpo della torre, unita all'ingresso da un caratteristico ponticello.
La scala non è la sola manomissione alla costruzione originaria. Un'altra apertura fu praticata, proprio sotto quella principale, nella muratura a scarpa. Nella parte est è stato inoltre ispessito il muro, rovinando un po' le linee armoniche della torre. Un'altra evidente variazione fu apportata alla sommità. Sono spariti il parapetto in pietra e le cannoniere che in esso dovevano aprirsi. In sostituzione è stata eretta una troniera in mattoni in cotto, più alta del doppio nel lato che guarda l'ingresso: in questo punto si aprono le feritoie per la fucileria.
Per la torre si è spesso attribuito a sproposito un'origine pisana. Invece la struttura è chiaramente riferibile a un'epoca tardorinascimentale, molto vicina alla fine del Cinquecento. Una fonte la attesta precisamente al 1595, e anche volendo rigettare la precisione dell'autore, certo la sua fondazione non si deve discostare molto da questo anno.
Si tratta dunque di una di quelle difese approntate in seguito alle devastanti scorrerie turco-francesi di Barbarossa e Dragut, della metà del Cinquecento. A parte Portoferraio e il Volterraio, l'isola si era trovata totalmente alla mercé degli invasori, con i paesi indifesi da mura e molte opere fortificate impreparate a reggere l'urto, tanto da essere spazzate via. Il disastro costrinse i governanti a innalzare nuove strutture di difesa. In mancanza di documenti attestanti le loro fondazioni è incerto se alcune di quelle cinquecentesche siano frutto dei Medici, che ebbero il controllo dell'Elba per un brevissimo periodo, o dei suoi storici signori Appiani. Per quanto riguarda la nostra, data la ragionevole attribuzione del periodo, paiono esserci pochi dubbi che si debba ascrivere ai principi di Piombino, e più precisamente a Jacopo IV.
Le notizie storiche su questa torre sono molto scarne: non gli si conosce, per esempio, nessun episodio bellico. Forse perché ebbe sempre un'esclusiva funzione di vigilanza, e di rado di difesa. Per quanto riguarda la guarnigione e l'armamento abbiamo qualche notizia interessante. Il governatore generale del principato di Piombino Antonio Ferri, nella sua visita all'Elba del 1738, dice che la torre era presidiata da un tenente della Piazza di Longone con sei soldati. Dalla stessa relazione pare che proprio essa facesse da punto di confine tra i comuni di San Piero e Sant'Ilario. Degli stessi anni abbiamo anche la testimonianza di Vincenzo Coresi del Bruno, che ci dà la torre in mano a una guarnigione spagnola, composta da dodici soldati, e armata di due cannoni. La torre deve essere sempre stata armata di due pezzi di artiglieria, in quanto anche sotto l'esilio di Napoleone abbiamo lo stesso numero.
Appare evidente che la nostra torre, come le opere difensive minori dell'isola, a parte quelle sotto il controllo diretto del granducato di Toscana, rientravano tutte nell'orbita della piazzaforte spagnola di Longone, presidiate da distaccamenti della guarnigione madre, per quanto facenti parte di uno stato estero, il principato di Piombino. Gli spagnoli però si erano accollati la difesa dello stato satellite, avendo al contempo il vantaggio di poter gestire una preziosa rete a guardia dei mari e delle coste, e di supporto per Longone.
Tra il XVII e il XVIII secolo sull'Elba si avvicendarono eserciti europei per mettere in scacco Longone, che subì tre assedi – nel 1646, 1650, 1708 e 1799. Per quanto gli storici non ne facciano menzione diretta, è comprensibile, per le ragioni dette sopra, che le truppe appena sbarcate sloggiassero i presidi dalle torri isolane, compresa ovviamente la nostra, e le presidiassero, per avere sotto controllo tutta la situazione sul territorio e prima di mettere sotto assedio il caposaldo ambito.
Durante il governo lorenese la torre era presidiata dalle guardie doganali e da' cannonieri sedentarj per difesa di quello scalo, con sottotenente castellano e un uffizio di sanità, come scrive Emanuele Repetti. Riguardo a questo periodo ci giunge notizia che il 27 luglio 1849, quando il granduca Leopoldo II fu restaurato nel trono di Firenze dopo i moti patriottici degli ultimi mesi, dalla torre si spararono sette colpi di saluto. Per quanto la torre sia sempre rimasta pertinenza militare, sotto il governo italiano perse importanza strategica, come quasi tutte queste strutture. Nella prima metà del Novecento divenne così sede di un fanale, e passò di pertinenza alla marina militare, com'è tutt'oggi.
Questa affascinante sentinella è talmente importante per la storia locale, che alla nascita del comune di Campo nell'Elba si volle eternarla nelle insegne municipali. Come abbiamo detto per un certo periodo la torre fu sede di un faro. Così ce lo descrive Sandro Foresi: Un fanale a petrolio a lucignolo tutte le notti s'indugia come una stella innamorata sulla finestra “della Torre” verso E. La luce è rossa e bianca. è mantenuto a cura del Municipio. Non sempre si può però fare assegnamento sul suo regolare funzionamento.