Si trova sulle pendici granitiche del monte Perone, poco sopra i paesi di San Piero e Sant'Ilario, a 300 metri di quota. Molto suggestivo è il masso su cui è appollaiato, tanto che sembra sorgere da esso, e i conci granitici che la formano si fondono cromaticamente alla sua base. Straordinario è il panorama che si gode da quassù, soprattutto sul golfo di Campo.
Tutt'intorno si stende una bella macchia bassa a cisti, ginestre e corbezzoli, che in primavera si coprono di sgargianti fiori e riempiono l'aria di pungenti aromi.
Si raggiunge facilmente da un breve sentiero, al fianco di un'area picnic sulla ripida e stretta salita asfaltata che da paesi del campese sale al valico del monte Perone.
La visita alla torre è libera, ma l'accesso all'interno è difficile come per gli antichi assedianti.
La torre ha una pianta quadrata. La lunghezza dei lati è di circa sette metri. In altezza si sviluppava in circa 12,5 metri. I paramenti esterni hanno gli incastri più curati di quelli interni, rendendo la superficie quasi liscia, con poche possibilità di appiglio agli assalitori. Era formata da due piani e una terrazza.
La muratura è del tipo a sacco, e sono state utilizzate bozze di granito lavorate su cinque lati. I conci provengono da altre costruzioni. Tra essi c' anche una pietra da macina, con ancora presente il foro di alloggiamento del perno. Non sappiamo da quali strutture provenissero questi graniti. Qualcuno asserisce che arrivassero da case abbandonate dell'antico abitato che sorgeva a Piane al Canale.
Le aperture, a parte alcune feritoie, sono solo un ingresso e una finestra, entrambe sul lato nord-est. Il primo è posto a 2,30 metri dalla base. L'accesso avveniva quindi tramite una scala di legno retraibile. I cardini delle due aperture erano posti in modo che dall'esterno, a imposte chiuse, esse sembrassero sigillate.
All'altezza della finestra c'era un tavolato che formava il pavimento del primo piano. ciò si evince dalle otto mensole, quattro per lato, che ancora oggi si vedono. ciò che non si vede sono gli incavi d'incastro delle travature. Essi testimoniano che la struttura lignea era congegnata per essere abbattuta nello sfortunato caso che gli assedianti fossero entrati nella torre.
Sulla terrazza, oggi crollata, si svolgevano diverse funzioni: dalla vigilanza alla segnalazione ottica con altri punti strategici. Dai resti, soprattutto una risega d'appoggio dell'armatura, si evince che era sostenuta da una volta a botte, con centina a tutto sesto del raggio di 1,85 metri circa. Alla terrazza si accedeva tramite un'apertura nella volta. I collegamenti da un piano all'altro avvenivano con scale mobili.
L'origine della struttura senza dubbio pisana. Il periodo è l'XI secolo, forse nei primi anni. Secondo Massimo Ricci, che ne ha curato il restauro, la torre sarebbe stata fondata dopo l'incursione saracena all'Elba nel 1003 del pirata Musetto. Riconquistata dai pisani, l'isola sarebbe stata rafforzata con opere difensive tra cui la nostra torre. Certo il suo scopo era quello di vigilare su una delle baie più pericolose in caso di sbarco, come quella di Campo, e per proteggere i paesi di questo versante.
Il fatto che le cronache rinascimentali non parlino di San Giovanni fa ritenere che la sua valenza militare sia circoscritta ai soli anni della dominazione pisana. Ancora Ricci è convinto di poterne ricostruire gli ultimi istanti di vita. L'architetto ha notato che il crollo della volta che sosteneva la terrazza non è avvenuto per cause statiche, bensì per deliberata distruzione. Dopo un assedio, scrive Ricci, nel corso del quale i difensori si erano ritirati sulla terrazza di copertura ed avevano fatto rovinare sul nemico il solaio in legno, [...] il nemico con l'aiuto di grosse spranghe di ferro, cominci a demolire la chiave di volta (punto di minore spessore della medesima poiché non caricata dal rinfianco in terra), e con poche energie fece rovinare a terra tutta la struttura (forse con gli stessi occupanti).
Fine della storia di San Giovanni, dunque, e purtroppo senza sapere a opera di chi. Forse furono i pirati saraceni, autentico spauracchio per queste strutture; o magari i genovesi, che in aperta ostilità con i pisani e desiderosi di assoggettare l'Elba si resero protagonisti di alcuni sbarchi.
Successivamente il materiale di crollo fu buttato ai piedi della torre, forse per un riutilizzo civile della struttura, per essere usato nei muri a secco dei terrazzamenti circostanti.
Lasciata per secoli in completo abbandono sub le offese del tempo. Negli anni 1950 un fenomeno di assestamento del masso su cui sorge provocò il crollo del paramento esterno di un lato, per cui si rese necessario un restauro nel 1965. Trent'anni esatti dopo fu operato un altro restauro, sollecitato dal gruppo culturale locale La Torre, e diretto dall'architetto Massimo Ricci. Sono state rifatte le murature superiori (la parte più colpita dal degrado) ed è stato consolidato il suddetto lato crollato, così come il masso alla base. Inoltre le acque piovane sono state regimate per non provocare dilavamenti alle murature.
La torre di San Giovanni è l'unica opera militare genuinamente medievale dell'isola d'Elba. Infatti l'altra fortezza storica di origine pisana, il Volterraio, è frutto di ingrandimenti e rifacimenti in epoca rinascimentale. E' anche probabilmente la prima fondazione pisana sull'isola. Ma non dell'arcipelago. Sappiamo infatti che una torre fu edificata nel 909 nell'isolotto di Palmaiola. Di essa oggi non rimangono tracce.
Con il passare dei secoli la nostra torre ispirò delle leggende. Una è riportata dallo storico isolano Giuseppe
Ninci: E' degna ancora dell'attenzione dello studioso antiquario una piccola
torre quadrilatera in breve distanza dall'avvisata chiesa [di San Giovanni,
anch'essa medievale], innalzata sopra un gran masso isolato di granito, e
fermata con lunghi pezzi di questa pietra. La solidità delle sue mura; la
strettezza delle sue stanze; la somma difficoltà del suo accesso
l'annunziano per una di quelle terribili carceri, nelle quali penavano più e
più anni quell'infelici, che esiliati dalla loro patria venivano deportati
nelle isole: come avvenne ad Agrippa Postumio terzo figlio di Agrippa e di
Giulia figlia d'Ottaviano, e a Seneca il filosofo.
Non mancano poi le storie a sfondo romantico come quella della regina Elba,
rea di essersi innamorata di un saraceno, e rinchiusa a vita tra le sue mura.