Si trova sulla sommità della collina di San Rocco, a 51 metri d'altezza, nella parte alta della zona moderna di Portoferraio, su cui domina con un'ampia visuale.
Ma il colpo d'occhio più importante da questo punto è sulle massicce muraglie del fronte d'attacco della piazza medicea. Si raggiunge facilmente, pur non essendo segnalato, tramite diverse vie cittadine molto strette e tortuose, soprattutto via San Rocco.
Il forte è diviso in diverse proprietà private. L'accesso al pubblico è quindi precluso all'interno.
La struttura non è certo imponente, tanto che solo oggi tutti gli danno il titolo di forte, mentre nei secoli scorsi ricorre spesso in termini di ridotta se non caserma. Le mura perimetrali non raggiungono nel punto più alto i venti metri. Copre una superficie di circa 2800 metri quadrati, ed è circondato da un fossato secco.
L'ingresso è guardato da feritoie e finestre, e protetto da una porta ad arco di ferro. Originariamente vi si accedeva tramite un ponte levatoio, in seguito sostituito da uno in cemento. L'entrata immette in un corridoio coperto, costeggiato da alcuni vani, come il corpo di guardia e le caserme degli ufficiali. Oggi essi sono stati riadibiti a vari usi, sebbene molti subiscano un forte degrado a causa della scarsa manutenzione.
Al servizio idrico di questi ambienti c'era una cisterna. Da un piccolo passaggio si accedeva alla piazza d'armi, da cui è possibile salire, tramite una ripida rampa, alla vedetta. Nel muro che costeggia lo spiazzo si aprono delle feritoie. Sulla terrazza della vedetta potevano essere armate tre bocche da fuoco su una batteria in barbetta. Il piano inferiore coperto del forte è formato da casematte con soffitti a prova di bomba.
Gli spalti esterni, che ampliavano l'estensione della ridotta a circa 6400 metri quadrati, sono ormai scomparsi: ne sono rimasti solo pochi e malridotti spezzoni, assediati dalla vegetazione. Scomparsa è anche la targa sopra la porta che ricordava la fondazione, e recava scritto: NONTAM AD URBIS TUTAMEN QUAM AD COERCENDAM PIRATARUM AUDACIAM COSMUS III A FUNDAMENTIS EREXIT A. D. MDCCIII.
La struttura fu realizzata sotto un Cosimo de' Medici. Ma non fu il celebre fondatore di Cosmopoli, ma un suo successore, Cosimo III, che volle il suo innalzamento dopo una visita a Portoferraio nel 1700. Consultatosi con il suo ingegnere al seguito, convenne che la collina di San Rocco, distante appena 750 metri dalla piazzaforte, potesse costituire una temibile spina nel fianco in caso di assedio. Per evitare che venisse occupata da una batteria nemica fu decisa la fondazione del forte di San Giovanni Battista, il nome originario della nostra fortezza. La prima pietra fu posta nel 1703, e il 22 giugno 1705 il governatore di Portoferraio Alessandro del Nero poté decretare la fine dei lavori.
Ma le carenze difensive di un'opera programmata e costruita troppo in fretta e forse in anticipo sui tempi si mostrarono fin da subito: nel 1712 il governatore Girolamo Niccolini lamentava la mancanza di un fossato e una strada coperta, per il che puol'essere anche questo battuto da' fondamenti; e poi resta così lontano dal corpo piazza che difficilmente può essere soccorso. Pare che il fossato e la strada coperta fossero realizzati, ma fu evidenziato il problema più grave: se la ridotta fosse caduta in mano nemica poteva trasformarsi in una spina nel fianco ancora più temibile per la piazza madre. così nel 1728 l'ultimo granduca dei Medici, Giangastone, ordinò la demolizione del forte.
Gli ingegneri lorenesi non condividevano gli stessi timori dei loro predecessori. Pensarono così di ricostruire il fortino, il che sarà una bagattella, come ebbe a scrivere l'ingegner Warren. In realtà non fu una bagattella dato che il progetto rimarrà sulla carta. L'episodio chiave nella storia del forte è alla fine del Settecento, nel quadro della prima invasione napoleonica in Italia. Nel 1796 i francesi avevano occupato Livorno. L'ammiragliato inglese, colto di sorpresa, corse a un frettoloso riparo, dando ordine al commodoro Horatio Nelson di bloccare il porto toscano e occupare quello di Portoferraio. Sbarcati all'Acquaviva, l'8 luglio, i soldati di sua maestà si asserragliarono tra le rovine del forte di San Giovanni Battista.
Sul posto furono portati cannoni e quant'altro servisse all'assedio della piazza. Il comandante di Portoferraio, barone Kneizevich, inizialmente voleva resistere, facendo valere la neutralità della Toscana. Bastò qualche ora di trattativa perché il comando consegnasse i forti. L'occupazione inglese fu breve, appena nove mesi. Ma vi fu il tempo di ricostruire l'ex forte mediceo, che ebbe il ruolo di difesa avanzata in caso di sbarco francese. La temporanea rinascita marchi la storia dell'opera, tanto che da allora verrà sempre conosciuta come forte Inglese. Il 26 aprile 1797 Nelson fu costretto a imbarcare uomini e mezzi e lasci Portoferraio. Infatti il granduca Ferdinando III di Toscana aveva protestato energicamente con Parigi e Londra per la loro ingerenza militare nei confronti di uno stato neutrale. Nel 1802 l'Elba pass alla Francia. Sotto i nuovi governanti molti furono i lavori di ristrutturazione al forte.
Gli interventi vanno inquadrati in un piano di progetti di più ampio respiro: la costruzione di una serie di batterie e fortini sulle colline intorno Portoferraio, in modo tenere a debita distanza dalla piazza madre il fuoco nemico e presidiare più efficacemente il territorio. Il nostro forte, ingrandito nel 1808 e ribattezzato Saint ilaire si trovava a essere il fulcro del nuovo assetto difensivo. Ma gli ingegneri francesi avevano in ordine di rifondarlo con una pianta più grande, e attrezzarlo meglio. Il 5 luglio 1810 Napoleone dette l'ordine di demolirlo, e l'anno dopo iniziarono i lavori di un nuovo forte, su progetto del capitano del genio Garin.
La nuova struttura più o meno quella che vediamo oggi, ma non del tutto fedele al progetto originario. Napoleone poté sincerarsi di persona dei lavori, quando nel 1814 arrivò in esilio sull'isola. Bonaparte continuò a stimare il potenziale del forte, tanto da dislocarvi una compagnia del battaglione corso e un distaccamento di dieci cannonieri al comando di tre ufficiali. Pare anche che amasse passeggiarvi a cavallo. Ma furono gli ultimi anni in cui godette di una certa importanza militare. Nel 1877 infatti lo ritroviamo in consegna al ministero dell'interno come carcere per i domiciliati coatti. Nel 1904 diventò quartiere operaio, proprietà della società Ilva, che a Portoferraio gestiva gli altiforni. Durante la prima guerra mondiale tornò a essere carcere per i prigionieri di guerra, salvo nel 1917, quando fu adibito a lazzaretto per gli ammalati di tifo petecchiale, epidemia che aveva colpito la città il 31 maggio. Durante la seconda guerra mondiale tornò a svolgere un ruolo militare: vi fu installata una batteria antiaerea.
La torretta armata di mitragliatrice Breda da 20mm svetta ancora oggi, rosseggiante dai parapetti ottocenteschi chiari. Poco dopo dovette fare da alloggio ai senzatetto portoferraiesi, a causa dei bombardamenti aerei. A parte il ventennio 1970-80, quando il forte fece da sede a numerose associazioni e una radio locale, la struttura è sempre stata in semiabbandono. La situazione attuale è quindi tutt'altro che rosea. Si rende quindi sempre più necessaria una quarta e definitiva rinascita.
Come è stato ricordato nel capitolo storico il periodo francese (1802-1814) fu alacre di lavori alla piazzaforte di Portoferraio, gli ultimi interventi significativi dei suoi tre secoli di storia. Furono realizzate una serie di opere distaccate di difesa avanzata alla piazza madre, secondo un ottica definita all'epoca camp retranche. Oltre al nostro forte, l'unico già esistente, furono fondate altre batterie: la ridotta di Saint Rochè, sulla collina tra il fronte d'attacco e il forte Inglese, ancora oggi esistente; il forte Saint Cloud, demolito all'inizio del Novecento con la costruzione degli altiforni; le opere del Lazzaretto, a corona del porto moderno, anch'esse successivamente demolite; il forte del monte Bello o Albero, la più estrema, di cui ancora si notano i ruderi. Un'altra ridotta, detta del monte delle Bombe, probabilmente sull'attuale Poggio Consumella, fu progettata minuziosamente ma rimase sulla carta.