Riaprono al pubblico i musei nazionali delle residenze napoleoniche all’Isola d’Elba .
Ecco i giorni e gli orari. Lunedì 3 maggio è riaperta la palazzina di Villa dei Mulini a Portoferraio e il 4 maggio riapre la villa a San Martino
Gli orari di apertura della Palazzina dei Mulini sono : lunedì e giovedì dalle 14.00 alle 18.30 (ultimo ingresso alle 18.00)
Mercoledì, venerdì, sabato, domenica e festivi : dalle 9.00 alle 13.30 (ultimo ingresso alle 13.00)
Gli orari di apertura della Villa di San Martino sono: martedì, giovedì, sabato, domenica e festivi : dalle 9.00 alle 13.30 (ultimo ingresso alle 13.00)
Mercoledì e venerdì: dalle 14.00 alle 18.30 (ultimo ingresso ore 18.00)
Si trova a circa quattro chilometri da Portoferraio, in una vallata di grande suggestione. Intorno a essa, i fianchi boscosi delle colline del gruppo centrale l'abbracciano.
La villa vera e propria è piccola e modesta, da non confondersi con la maestosa struttura sottostante, in forme neoclassiche, realizzata pochi decenni più tardi.
Si raggiunge facilmente e comodamente tramite una strada provinciale, che termina in prossimità di un ampio parcheggio. E' servita anche da una linea di bus urbani. Le ultime decine di metri si devono compiere a piedi, salendo dolcemente da un viale alberato.
E' visitabile tutto l'anno, a orari precisi e regolamentata. Il biglietto d'ingresso vale anche per la sottostante galleria Demidoff.
Museo Nazionale delle Residenze Napoleoniche dell'isola d’Elba – Palazzina dei Mulini
Piazzale Napoleone - 57037 - Portoferraio (LI)
drm-tos.palazzinamulini@beniculturali.it
Telefono e Fax: +39 0565 915846
Giorni, orari di apertura e modalità di ingresso
CAPIENZA MASSIMA DEL MUSEO: 20 PERSONE PER TURNO
Le visite si effettuano su prenotazione telefonica almeno un giorno prima
PRENOTAZIONI | RESERVATIONS +39 0565 915846
NOTA: i visitatori privi di prenotazione potranno entrare qualora il museo non abbia già raggiunto la propria capienza massima. I turni di visita partono dall’apertura e durano 50 minuti. Allo scadere dell’ora successiva si deve lasciare il museo ai visitatori del turno seguente.
Lunedì | Monday 14,00 > 18,30 Mercoledì | Wednesday 09,00 > 13,30 Giovedì | Thursday 14,00 > 18,30
Venerdì | Friday 09,00 > 13,30 Sabato | Saturday 09,00 > 13,30 Domenica | Sunday 09,00 > 13,30
MARTEDÌ CHIUSO CLOSED TUESDAY
Biglietti: € 5.00 intero / € 2.00 ridotto Riduzioni e gratuità secondo le norme di legge previste per i musei statali Indicazioni generali per l’ingresso
È necessario seguire le indicazioni fornite dal personale e attenersi alle disposizioni di sicurezza:
• Rilevazione della temperatura a cura del personale e ingresso vietato in caso di febbre superiore a 37.5°
• Ingresso con obbligo di mascherina
• Lavare/igienizzare spesso le mani
• Rispetto della distanza interpersonale di almeno 1.5 m.
• Non sostare negli spazi di passaggio
• Presentarsi alla biglietteria del Museo almeno dieci minuti prima dell’inizio della visita
Inserito, con le sue due sedi, in un contesto storico ed ambientale di elevatissima qualità - tale da attrarre un vasto flusso di visitatori di varia provenienza internazionale - il museo si propone di non disperdere il ricordo della permanenza nell’isola di Napoleone Bonaparte (4 maggio 1814-26 febbraio 1815), costretto all’esilio elbano dopo l’abdicazione e il trattato di Fontainebleau e prima dei “Cento giorni”. Nella residenza di città, la cosiddetta Palazzina dei Mulini, Napoleone tentò in breve tempo di ricreare, in formato ridotto, l’atmosfera di una corte che lo aveva sempre accompagnato, auspice anche il soggiorno della madre e della sorella Paolina. Attualmente vi si conservano cimeli, arredi e mobili dell’epoca e parte dell’interessante biblioteca condotta con sé dall’imperatore e poi da lui donata alla Comunità di Portoferraio.
Quanto alla sede extra-urbana, Villa San Martino, si tratta della “maison rustique” acquistata da Napoleone nel giugno 1814 per farne la sua residenza estiva e rimasta inabitata a causa della partenza dall’Elba. Fu in seguito acquisita dal principe Anatolio Demidoff (erede Bonaparte per matrimonio) che, fatta edificare l’imponente Galleria neoclassica che prese il suo nome, sostanzialmente si disinteressò dell’originaria idea di crearvi un museo di memorie napoleoniche. Conserva arredi d’epoca nelle sale affrescate (notevole la cosiddetta “Sala egizia”) e una raccolta di stampe napoleoniche ottocentesche solo in piccola parte esposte.
Una delle ragioni che spinge il turista a soggiornare all’isola d’Elba, oltre allo splendido mare, al sole e alle gustose specialità gastronomiche, è la memoria della permanenza sull’isola di Napoleone Bonaparte (1814-1815). Il ricordo di questo soggiorno, durato solo dieci mesi, è legato anzitutto alle due residenze napoleoniche, la Palazzina dei Mulini, posta alla sommità di Portoferraio e la Villa di San Martino, distante pochi chilometri, rispettivamente testimonianze della vita pubblica e di quella privata dell’imperatore. Gli ultimi interventi di restauro hanno restituito l’originario aspetto alle dimore, riportando alla luce le decorazioni murali e ricomponendo parte della mobilia originaria.
In seguito alla disfatta dell’esercito francese a Lipsia ed al successivo trattato di Fontainebleau Napoleone, ormai in mano nemica, fu costretto ad abdicare il 4 aprile 1814. Poiché il trattato prevedeva una rendita vitalizia a suo favore e la sovranità sull’isola d’Elba, l’ormai ex imperatore arrivò a Portoferraio la sera del 3 maggio 1814, a bordo della fregata inglese Undaunted. Come imponeva il suo temperamento, si dedicò subito ad instaurare sull’isola un’organizzazione amministrativa secondo le formule burocratiche e tecniche dell’impero.
Nel corso degli intensi mesi trascorsi sull’isola, Napoleone riattivò i commerci e le attività estrattive mentre, pressato dalle necessità di cassa, fu costretto a incamerare le rendite delle miniere e a inasprire le imposte fondiarie, tanto da provocare la ribellione della popolazione di Capoliveri. Allo stesso tempo, per facilitare le comunicazioni all’interno dell’isola, intraprese migliorie stradali e favorì lo sviluppo dell’agricoltura e della pesca, ideando un’infinità di progetti (tra cui l’industria per la produzione della seta) destinati a rimanere sulla carta; non da ultimo, si preoccupò di rendere efficiente la piccola guarnigione militare e la flotta.
L’operosa serenità dell’imperatore durò ben poco e a nulla valsero le affettuose cure della madre Letizia e della sorella Paolina, accorse sull’isola, né quelle della contessa Walewska, profuse nel corso di una memorabile visita a Marciana. La sera del 26 febbraio 1815 un destino ancora incompiuto spinse Napoleone a bordo dell’Incostant e lo riportò in Francia per condurre la sua ultima grande impresa, quella nota come i “Cento giorni”.
I lavori di adattamento a residenza dei locali militari della Palazzina dei Mulini, furono diretti dall’architetto Paolo Bargigli. Oltre alla demolizione di alcuni edifici di natura militare, resasi necessaria per ricavare un delizioso giardino all’italiana, i lavori consistettero nell’edificazione di un salone delle feste al piano nobile, nella ristrutturazione dell’attiguo teatro e nella trasformazione in scuderia dell’ex carcere.
Pochi mesi dopo Napoleone, che aveva seguito personalmente non solo la progettazione dell’intervento architettonico ma anche la scelta delle decorazioni e degli arredi, si stabilì nella piccola reggia, decorata dal piemontese Antonio Vincenzo Revelli, pittore ufficiale della corte elbana, ed arredata con ricercata mobilia e suppellettili. Anche durante il breve esilio elbano, Napoleone non rinunciò al piacere di possedere “une bonne bibliothèque”, espressione materiale del suo grande desiderio di conoscere la storia e gli uomini; pertanto, nell’arco di pochi mesi, riunì una raccolta libraria di ben 2378 volumi. Al primo nucleo, composto dalle 186 opere scelte personalmente nelle due biblioteche del castello di Fontainebleau, la notte prima di lasciare la Francia, si sarebbero aggiunti i libri inviati dallo zio cardinale Fesch, gli acquisti fatti a Livorno e in altre città italiane, alcuni doni e i volumi appartenuti al Corpo del Genio Militare, di stanza nella palazzina prima del suo arrivo. A riflettere meglio gli interessi di Napoleone sono proprio i volumi provenienti da Fontainebleau che, riconoscibili per la raffinata legatura in pelle su cui è impresso lo stemma imperiale, in alcuni casi sono risultati provenire direttamente dal patrimonio dei Borboni. Come risulta dall’inventario conservato alla Bibliothèque Nationale di Parigi è la storia l’argomento dominante della raccolta, dalla storia classica greca e latina alla storia antica e moderna della Francia, sino alla storia della Corsica, isola natale di Napoleone. Non mancano opere di letteratura, dai classici greci (Esiodo e Omero), agli autori latini (Virgilio e Ovidio), sino all’opera omnia di Voltaire. Anche il teatro occupa un posto di rilievo sia con la produzione comica (le commedie di Molière, Regnard e Dancourt), sia con quella tragica (Racine).
La villa è molto modesta, di pianta rettangolare, a un solo piano con un seminterrato. E' composta da otto ambienti. Le decorazioni parietali, molto più estrose di quelle dei Mulini, furono anche qui affidate al piemontese Antonio Vincenzo Revelli, il pittore di corte all'Elba di Napoleone.
La visita inizia dall'ala sinistra della casa. Le prime tre stanze erano di pertinenza dei generali Drouot e Bertrand: l'anticamera, la camera da letto di Bertrand e un salotto (probabilmente in origine camera da letto di Drouot).
Si prosegue nella sala del nodo d'amore. Questa prende il nome dalla decorazione del soffitto: due colombe con le estremità di un nastro nel becco, che allontanandosi stringono un nodo nello stesso nastro. La tradizione vuole che la scena sia allegorica della tormentata lontananza tra Napoleone e Maria Luisa.
L'ala destra era destinata a Napoleone. La prima stanza è quella da letto, con pareti decorate da panneggi azzurri e soffitto cassettonato, con simboli della Legion d'honneur e api elbane. Si giunge allo studio, il cui colore dominante è il giallo. E si finisce con l'austera anticamera.
L'ultimo ambiente della villa è il più famoso: la sala egizia. Era la sala da pranzo e l'imperatore la concepì in modo che ricordasse i fasti della campagna in Egitto. Le pareti sono a trompe-l'oeil, con colonne papiriformi e altre strutture granitiche incise di geroglifici, che inquadrano sfondi e scene esotiche e di battaglia. Sul soffitto la decorazione dà l'impressione di un'apertura circolare da cui guardare il cielo. Intorno a essa i dodici segni zodiacali rappresentano la dipendenza celeste regolatrice degli eventi terreni. Nel pavimento, al centro esatto della stanza, si apre la vasca ottagonale, in cui doveva zampillare l'acqua. Tra le decorazioni parietali Napoleone scrisse di proprio pugno "Ubicumque felix Napoleon". Sopra la porta centrale si trova lo stemma napoleonico in legno dorato, con l'aquila imperiale sullo scudo, circondato dal grand collier della Legione d'onore.
Il seminterrato della villa non è visitabile. L'unico ambiente degno di nota è il bagno, detto della verità, comunque visibile dall'esterno attraverso una finestra. Prende il nome da un affresco parietale, l'allegoria della Verità, e da un'incisione sopra la vasca di marmo, "qui odit veritatem odit lucem". Le altre stanze erano ambienti di servizio: un guardaroba, una dispensa e una cucina.
All'esterno non si può non sostare sul balcone, da dove si coglie un bel colpo d'occhio sulla vallata sottostante. Sul parapetto spicca lo stemma marmoreo con l'aquila imperiale, che durante l'esilio faceva bella mostra di sé sopra la porta a mare di Portoferraio
Napoleone scoprì San Martino durante una passeggiata a cavallo. Intenzionato ad avere una maison rustique lontano ma non troppo dai clamori cittadini di Portoferraio, mise gli occhi su questa piccola casa di campagna, circondata da un ambiente a metà selvoso e a metà coltivato. La proprietà era di un possidente portoferraiese, Giuseppe Manganaro. Per acquistarla dovette venirgli in aiuto la sorella Paolina.
Così nel giugno 1814, chiuso il contratto, affidò i lavori di sistemazione agli stessi tre artefici della palazzina dei Mulini: Paolo Bargigli e Luigi Bettarini, per il lato architettonico, Antonio Vincenzo Revelli, per quello decorativo. Furono impiegati nei lavori venti muratori, diretti da Bringuier. Non solo dette disposizioni sui lavori della residenza, ma anche dei dintorni: fece aprire una carrozzabile, ordinò che venissero ristrutturati per vari scopi stabili vicini e fece stilare da Bargigli un progetto di regimazione delle acque dei fossati sovrastanti la villa in un grande effetto scenografico: questo lavoro però rimase sulla carta forse per il costo eccessivo. Anche qui si occupò lui stesso del giardino, facendovi piantare un bagolaro, ancora visibile un secolo dopo (oggi al suo posto ne è stato piantato un altro).
Nonostante questo interesse e una grande profusione d'impegno, Napoleone non passò molto tempo in questa residenza: la utilizzava solo poche ore in alcuni giorni, per prendersi un po' di relax.
All'uscita di scena del Bonaparte la tenuta di San Martino rimase formalmente proprietà di Paolina. Ma la principessa si lamentò spesso della difficoltà di "far riconoscere i suoi diritti su questa piccola terra". Alla sua morte, nel 1825, iniziò un rimpallo di proprietà: prima il figlio di Napoleone , il Re di Roma; poi nel 1832 la vedova Bonaparte, Maria Luisa; nel 1847 fu divisa da Gerolamo Bonaparte e Alessandra Bleschamps. E intanto la villa deperiva nell'abbandono.
La svolta arrivò nel 1851, quando ne divenne proprietario il principe fiorentino di origine russa Anatolio Demidoff. Marito di Matilde (figlia di Gerolamo), nonostante un matrimonio poco fortunato, grazie a esso riuscì a creare una collezione napoleonica di assoluto valore. Suo scopo era quello di costituire un museo a San Martino: per questo dette incarico all'architetto fiorentino Nicola Matas di costruire il bellissimo edificio neoclassico sotto la storica villa, che prenderà il nome di Galleria Demidoff. Terminato nel 1856, tre anni dopo fu aperto come museo: questo fu da molti considerata la più importante raccolta di cimeli napoleonica in Italia. Purtroppo il suo declino economico, e soprattutto, alla sua morte, l'incuranza del nipote Paolo, vanificarono tutto.
Per la villa iniziava un nuovo, penoso rimpallo di proprietà. Alcuni proprietari, come Pilade del Buono e Max Biondi, erano animati da buone ma effimere intenzioni. Il primo fece ripulire la Galleria Demidoff, che nel frattempo era stata adibita nientemeno che a stalla e cantina, e impiantarvi un museo dei minerali e della fauna isolana, scelta sicuramente poco consona col luogo ma almeno lodevole; il secondo cercò di aprirvi un nuovo museo napoleonico, a cui destinare il mobilio d'epoca della sua collezione, ma fu fermato da un fallimento.
Ormai ridotta in condizioni disastrose, forse proprio grazie a questo, si capì che era un bene troppo prezioso da perdere: così nel 1930 il complesso napoleonico passò allo stato, e due anni più tardi sotto la tutela del ministero dell'educazione. A vanificare l'apertura di un museo ciò si mise la guerra: a questo proposito va segnalato che sotto l'occupazione tedesca la villa fu la sede del comando degli occupanti.
Finalmente dopo la guerra vi fu l'apertura del museo napoleonico. La villa fu dotata di un mobilio d'epoca, dato che l'originale è andato perso (per saperne di più si veda la villa dei Mulini), in parte donato qualche anno prima dal conte Giulio Pullè, uno degli ultimi tenutari di San Martino.
Oggi la villa, insieme ai Mulini, è uno dei poli museali più visitati in Toscana. Queste due, insieme alla Galleria Demidoff, accolgono ogni anno interessanti mostre legate al mito di Napoleone.
Nel dopoguerra, con i restauri per l'apertura del nuovo museo, tornarono alla luce le belle decorazioni originarie di Revelli, coperte in progresso di tempo da diversi strati d'intonaco.
Val la pena spendere due parole per questo artista che ha plasmato così mirabilmente la residenza di campagna del grande corso. Il pittore piemontese aveva incontrato Napoleone la prima volta a Torino nel 1805. L'imperatore aveva già sentito parlare bene di questo autore, e volle vedere la sua "Olimpia". Pur non risparmiandogli qualche critica, lo giudicò positivamente. Lo volle nel suo seguito durante l'esilio elbano, e gli affidò, oltre alle decorazioni delle sue residenze, anche quelle al teatro dei Vigilanti: qui realizzò il bel sipario, a tempera magra, raffigurante Apollo e Admeto. A novembre lo nominò anche Maestro di disegno e pubblica istruzione, ruolo che svolse dal 2 gennaio 1815 nella sua casetta vicino alla porta a mare.