Si trova nell'area della torre omonima, sulla punta che chiude a ferro di cavallo, con il molo del Gallo, la darsena di Portoferraio.
Gli scavi archeologici sono stati intrapresi in due aree, entrambe tra la torre medicea e l'edificio del museo archeologico, dove un tempo erano i terrapieni dei bastioni di San Cosimo e di San Francesco. Il sito è lambito dal mare e a poche decine di centimetri sopra di esso.
La zona della Linguella è facilmente raggiungibile, percorrendo la bella calata lungo la darsena.
La visita è libera, ovviamente senza l'accesso diretto agli scavi, ma l'area della Linguella è aperta solo in certi orari, di solito coincidenti con quelli del museo archeologico, ottima occasione per un excursus sulla storia antica dell'Elba al chiuso e all'aperto nello stesso luogo.
Gli scavi archeologici hanno interessato due parti della villa, le uniche salvate dagli sconvolgimenti edilizi subiti dalla Linguella nell'ultimo mezzo millennio circa. La prima, la più ampia e vicino alla torre, tornò alla luce nel 1976, durante dei lavori di sistemazione vicino alle fortificazioni medicee. Qui fu individuato un laconicum, un ambiente circolare con quattro absidi semicircolari equidistanti e pavimento a cocciopesto, che testimonia di un ambiente termale in questa zona della villa. Furono inoltre scoperti muri in opus reticulatum, ambienti e tracce di un pavimento in opus sectile a esagoni. Qui furono portate alla luce murature in opus quasi reticulatum anche intonacate e in alcune parti colorate di rosso, riferite alla fase più antica della villa.
Dopo la soddisfazione di questa riscoperta, nell'estate del 1979 fu condotta una seconda campagna di scavi nella parte vicina al bastione di San Francesco. Qui vennero alla luce parti di opus reticulatum, di cui fu studiato un alzato di un metro e mezzo intonacato e dipinto, ma soprattutto mosaici pavimentali formati da marmi anche pregiati, la nota più interessante della villa.
Essi sono localizzati in quattro ambienti. Nel primo il mosaico è composto da quadrati colorati disposti in diagonale in forma di scala. Il secondo presenta un pavimento a opus sectile a piastrelle rettangolari di marmo bianco venato di grigio, con uno schema detto a isodomo stellato. Un mosaico a tessere è anche nel terzo ambiente, con figure geometriche variamente colorate. Infine nel quarto è possibile riconoscere un motivo a scacchiera.
A differenza delle altre ville dell'arcipelago toscano, quella della Linguella ha avuto una vita lunga e articolata. La sua storia si articola in quattro fasi. La prima è molto incerta, offrendo poche tracce (un ambiente e pochi spezzoni di mura in opus quasi reticulatum), tanto da rendere controverso il periodo di fondazione della villa, collocabile comunque nella prima metà del I secolo a. C.
La seconda fase della villa è ben documentata. L'ambiente più significativo è il laconicum, il cui pavimento in opus signinum con mattonelle esagonali in palombino disposte a raggiera sembra far ipotizzare per la presenza di una stufa in questa stanza. I nuovi proprietari dunque intrapresero lavori di ampliamento, nella seconda metà del I secolo a. C., intesi a dotare la domus almeno di un quartiere termale. A questa fase sono riferibili due interessanti ritrovamenti: un vago di collana e un torso in marmo bianco. Questo fu rinvenuto nell'attuale piazzale della capitaneria e ha fatto ipotizzare che si riferisse alle decorazioni forse dell'antico hortus della villa.
Nella prima metà del II secolo d. C. la domus viene in parte ristrutturata. Inizia la terza fase, poco documentata (muri in opus caementicium a formare quella che sembra una vasca ornamentale, e rivestimenti in marmo bianco), tanto che alcuni nutrono dubbi su di essa.
Poche incertezze invece per la quarta e ultima fase, che interessa il periodo tra la fine del II e l'inizio del III secolo. La villa si arricchisce di nuovi ambienti e si abbellisce di colorati mosaici pavimentali. Le strutture sono in opus testaceum. L'area più vicina al bastione San Francesco fu poco interessata dai lavori, ma va segnalato un rivestimento parietale in malta idraulica che forse si riferisce a un triclinia. In quella vicina alla torre invece la ristrutturazione degli ambienti fu radicale.
Intorno alla metà del III secolo la villa inizia il suo periodo di abbandono. Ma circa mezzo secolo dopo, ormai ridotta in decadenza, viene riabitata da piccole comunità monacali. ciò è comune a tutte le ville dell'arcipelago. Questi gruppi umani si ritiravano dagli agi e la corruzione delle città per vivere in ascesi e poveramente, in un contatto molto più puro con l'ambiente. Le ville abbandonate erano viste come simboli della decadenza della società, e quindi ambienti da occupare. Queste comunità spoliarono i marmi della villa, soprattutto nell'area di San Francesco, e tirarono su capanne di legno sulle murature vicino la torre, come testimoniano fori nei pavimenti romani. La presenza umana terminò nel V secolo.
Da allora calò l'oblio sull'edificio, fino al 1548, anno della fondazione della Cosmopoli medicea e l'inizio dei lavori alla torre della Linguella. Inizi quindi un interesse per le scoperte che giorno dopo giorno venivano alla luce in città sul suo passato romano, che i vari governatori spedivano a Firenze per arricchire le gallerie granducali. Nacquero anche molte leggende sulla villa della Linguella, interpreta in vari modi dagli eruditi. Fu solo nella seconda metà del Novecento che vi fu un ritorno di interesse per l'importante sito archeologico, con uno studio sistematico e scientifico che dissipò molte delle ombre sulla villa, nonostante la pesante manomissione del luogo.
Un'analogia tra le domus romane dell'Elba è che non si hanno notizie sui proprietari. Per la villa della Linguella però è stato avanzato un nome:Acilio Attiano, prefetto del pretorio dell'imperatore Adriano. Degli affari sull'isola dell'influente personaggio non ci sono dubbi: commissionò un'ara dedicata a Ercole nelle cave di granito occidentali, e inoltre fu rinvenuta una fistola plumbea con il suo nome inciso nei dintorni di Portoferraio. Essendo già in abbandono le altre due ville elbane delle Grotte e di Capo Castello, è stato ipotizzato che il prefetto potesse essere il proprietario della Linguella nella sua terza fase.
Fin dal momento della scoperta le fonti antiquarie si chiesero a cosa si riferissero quelle rovine. Nel Settecento, e in parte anche nell'Ottocento, i cultori di storia elbana attinsero dall'opera di un sedicente viaggiatore del V secolo, Celeteuso Goto, intitolata "Cose mirabili dell'Elba": un'accozzaglia di fole, legate più ai miti e alle leggende isolane che a un panorama storico attendibile. In realtà dietro l'autore si celava un falsificatore moderno.
Questi dava un'origine fantasiosa ai luoghi antichi dell'isola: per quanto riguarda la villa della Linguella vi poneva i bagni della regina Alba. Secondo questa leggenda l'isola sarebbe stata inizialmente colonizzata da una mitica regina albanese e il suo amante, fondatori della prima città elbana, Albizach (ovvero l'altra villa romana delle Grotte). Alla Linguella invece Alba vi avrebbe costruito i suoi bagni. Cosa non del tutto priva di fondamento, dato che come abbiamo visto nella villa esisteva anche un quartiere termale. Una conferma quindi all'adagio che dietro le leggende c'è sempre un fondo di verità.