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Cava dell'oro presso Sant'Andrea

Cava dell'oro presso Sant'Andrea

MARCIANA - Anno 1955. O giù di lì. A bordo dello 'sciapichello', che calava di frequente fra lo scoglio del Leccioncino e la Punta dell'Acqua della Madonna, lo sapevano tutti dove si trovava la Cava dell'Oro. E, con accenti di mistero, la indicavano a mezza costa, sotto le ultime case del Maciarello. Ma non c'era verso di scorgerne l'ingresso e questo, ai miei occhi di ragazzo, accresceva il sapore di favola.

Le luccicanti cristallizzazioni mineralogiche della Cava dell'Oro hanno fatto favoleggiare che al suo interno si trovassero tracce d'oro, tanto che la sua fama si era spinta ben oltre i confini dell'isola già più di due secoli e mezzo fa: lo dimostra la mappa dell'Elba disegnata a china e colorata ad acquerello, datata 1761 e conservata presso la biblioteca nazionale di Vienna, in cui la Cava è segnalata in bella evidenza. Un qualche rilievo le è accordato anche in un libro pubblicato in francese pochi anni dopo, la cui traduzione suona più o meno così: “Presso Marciana c'è sul bordo ripido del mare un sotterraneo nel granito che si chiama Cava d'Oro … è quasi sempre inondato dall'acqua del mare” (H. Koestlin, Vienna, 1780). Quasi trent'anni dopo è ancora un viaggiatore francese del 'Gran Tour' ad analizzarla, ma questa volta in prima persona, con spirito illuministico e senza alcuna concessione alla fantasia. Ecco le sue osservazioni scientifiche, in parte valide ancora oggi: “Entrarvi è difficile; è ingombra di rovi e di smottamenti ... La terra di questa grotta, che si prolunga per parecchi metri, è 'pyriteuse' e d’un giallo scuro marziale. Essa contiene leggeri fiocchi brillanti di marcassiti fiorite. Il loro colore giallo, che imita abbastanza quello dell’oro, le ha dato il nome;… in questa grotta ho trovato stalattiti molto belle, leggermente colorate di bleu. Questi indizi, associati all'analisi scrupolosa della terra, mi provano che la Cava dell’Oro è nient'altro che una galleria abbandonata di un'antica miniera o vena gialla di rame, la cui ganga è negli interstizi d’uno scisto calcareo» (A.Thiébaut De Bernaud, Parigi, 1808).

La Cava dell'Oro era conosciuta ovviamente anche in Italia, ma i nostri studiosi non riuscirono a produrre che indecorose scopiazzature. Come questa: “Alla riva del mare presso Marciana vi è un sotterraneo del granito, che si chiama Cava d'Oro, ed è quasi sempre indondato dall'acqua del mare medesimo” (L. Taddei Castelli, Firenze 1814). Come si vede, è pari pari ciò che aveva scritto H. Koestlin trentaquattro anni prima. Passò un bel po' di tempo prima che qualcuno si decidesse ad esplorare la grotta in modo accurato. Solamente nel 1981 Aldo Camponogara, uno studioso di Portogruaro che passava le sue estati a Marciana, riuscì a infilarsi nell'ingresso angusto e accertò che la galleria, dopo essersi inoltrata per alcuni metri in direzione nord-sud nel ventre della montagna, piegava a gomito verso est (ora è interrottta da una frana) proseguendo per circa 100 metri parallela alla linea di costa. Il ritrovamento in superficie di pezzetti di calcopirite confermò l'ipotesi di cunicolo minerario. All'ingresso fu notato un minuscolo frammento di ceramica nera (bucchero? VII-VI secolo a. C.?), per ora da valutare soltanto come un indizio.

Da che mondo e mondo è sempre esistita l'aspirazione dell'uomo al ritrovamento di tesori. Laddove il vagheggiamento si è tramutato in fallimento, spesso sono nate favole fascinose e dure a morire. In questo senso la Cava dell'oro appare come il più classico degli esempi: c'è chi, perfino ai giorni nostri, continua a sognare il luccichio dell'oro. Ma se, in definitiva, oro non c'è e non c'è mai stato, è pur vero che la cava un doppio tesoro lo conserva davvero: geologico, con quelle stupende rocce fiorite dai cento colori, e storico, con la possibilità di scoprire quali gruppi umani, in tempi antichi o antichissimi, iniziarono la ricerca di un minerale allora prezioso.

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