Isola d'Elba Isola d'Elba

Tomba Etrusca di Poggio

Trecento anni di storia nella tromba etruca di Poggio

La tomba etrusca di Poggio, scoperta nel 1899, è di particolare rilievo per la ricostruzione della storia antica dell'Elba, ma c'è voluto un secolo perché avesse l'attenzione che merita da parte degli studiosi.

Il primo cenno a ritrovamenti di ceramiche etrusche a Poggio risale al 1914 allorché Antonio Minto, responsabile della soprintendenza archeologica di Firenze, indirizzò una lettera, con oggetto “Antichità Del Buono”, all'avv. Federico Mellini di Firenze. Ma la notizia rimase localizzata nella cerchia dell'ufficio.

Nel 1920 la scoperta venne resa nota, nell'ambito di uno studio sulla toponomastica elbana, da Remigio Sabbadini, ordinario di letteratura latina all'Università di Milano e Accademico dei Lincei: “Al Poggio sotto la villa già di Pilade del Bono fu recentemente da lui rinvenuta una tomba etrusca, donde vennero tratti molti vasi. Io ne ebbi in dono uno di stile arcaico, con fogliame nero su fondo rosso”. La testimonianza del professore dapprima passò sotto silenzio, poi, nel 1965, fu sottovalutata da Giorgio Monaco, sostenitore della tesi delle origini liguri isolane, che la liquidò con un punto interrogativo. Nel 1983 Benedetta Adembri rinvenne fra i materiali archeologici conservati a Firenze i frammenti di alcune coppe ioniche (fine VII-inizi VI secolo a. C.) da ricondurre alla tomba di Poggio. Ma fu necessario arrivare al 2001 perché alla scoperta fosse attribuito il giusto peso mediante la pubblicazione, da parte del sottoscritto, di una foto d'archivio della Soprintendenza raffigurante una parte del corredo funebre (un vaso sovradipinto e dieci a vernice nera), che fu datato al 300 circa a. C..

Oggi qualche studioso ritiene che a Poggio ci sia stato un piccolo cimitero etrusco realizzato sfruttando cavità naturali. Non è così. Stante la descrizione di Sabbadini, la più vicina al momento della scoperta oltre che la più attendibile, si deve pensare all'esistenza di una sola, importante tomba e non a un piccolo sepolcreto. Non vedo il motivo per cui dovrebbe essere disattesa e trasformata la nota del suddetto studioso sia sul numero (“una tomba”) sia sull'architettura del sepolcro (“tomba”, e non cavità naturale). Se davvero si fosse trattato di un riparo granitico, o di un tor, o di un tafone, o di una spaccatura nella roccia, Sabbadini, per professione padrone del linguaggio e addentro di persona alle circostanze della scoperta (“ne ebbi in dono uno di stile arcaico”), avrebbe usato locuzioni diverse e più precise. Per di più è noto che il limite cronologico di utilizzo delle “cavità naturali” da parte degli Etruschi all'Elba è la metà circa del VI secolo a. C.: i siti sepolcrali della Madonna del Monte, Monte Catino, Serraventosa, Masso alla Quata, Bagno, Monte Moncione hanno restituito manufatti non più recenti del 550 circa. Invece a Poggio, come si è visto, è presente anche un nucleo omogeneo di vasi che si datano intorno al 300 a. C..

Alla luce degli ultimi rilievi risulta poco verosimile che la tomba di cui si sta parlando vada identificata, come vorrebbe la gente del posto e come in un primo momento è sembrato anche a me, con l'attuale grande cantina/spogliatoio in parte scavata nel granito. Essa, infatti, dista una ventina di metri verso sud dalla ex villa Del Buono, mentre Sabbadini afferma che la scoperta avvenne proprio 'sotto' la villa stessa.

Il rinvenimento da parte dell'archeologa Adembri delle coppe ioniche nei magazzini fiorentini, la testimonianza del latinista Sabbadini sulla presenza di un vaso a figure nere di epoca arcaica, la foto dei reperti ellenistici tratta dall'archivio della soprintendenza, dimostrano che la tomba di Poggio - senza dubbio una delle più importanti tracce lasciate dagli Etruschi all'Elba - fu usata con continuità più o meno per tre secoli (circa 600 - circa 300 a. C.).

Preventivo Vacanza